Il nuovo libro di Nicoletta Cinotti, Genitori di sé stessi è una carezza e non solo perché mi è stato regalato dall’Editore Enrico Damiani e dall’autrice, ai quali sono grata. È una carezza alle nostre parti esiliate, per riparare le ferite del passato ed evitare che il futuro sia una continua ripetizione di quegli errori. È uno strumento utile per esplorare tutte le nostre identità e accettarle. Invitare all’accettazione significa:
Riconoscere e validare quello che proviamo rispetto a quello che è accaduto.
Oltre ad aver esplorato con gentilezza un po’ di fatti miei, l’ho trovato una fonte di suggerimenti mentre esploriamo il cambiamento, lì dove il pensiero consapevole si fonde con l’attenzione creativa. Così ne ho fatto una lista per tutte quelle volte abbiamo bisogno di tornare a volerci bene e a crederci.
- Guardati come fossi un bambino: come cambia il tuo punto di vista? Come cambia il giudizio nei tuoi confronti? Proviamo a consolarci come faremmo con un figlio: quali parole abbiamo bisogno di sentirci dire?
- Nessun cambiamento può nascere dall’avversione nei confronti di noi stessi. Il mio modo preferito per smetterla di prendermela con me stessa è adoperarmi subito per una piccola, piccolissima cosa che posso fare subito per progredire.
- Il significato che diamo agli eventi determina le nostre reazioni e spesso si traduce nel disperdere energie e nell’allontanarci da ciò che siamo davvero. E se imparassimo a chiederci e se non fosse la solita storia?
- Rispondere è una cosa diversa da reagire.
- L’empatia ci costringe a trovare delle soluzioni, la compassione e la gentilezza ci permettono di continuare ad esplorare. L’esplorazione è un processo giocoso, democratico, immersivo, coinvolgente, appassionato, come posso non desiderarlo per me? Permettersi, lasciare andare e perdersi sono modi di abbracciare l’inaspettato, di affrontare l’imprevisto, come posso non condividerli se voglio cambiare, se voglio crescere? Il cambiamento vuole flessibilità.
- Non tutto dipende da noi e dal nostro impegno. Questo è un consiglio che mi aiuta a guardare al processo e non all’arrivo, mi fa tenere a bada l’ansia e mi fa sentire continua, intera. Ho l’occasione di identificarmi con l’opportunità dell’errore e non con la delusione che ne deriva: sbagliare è inevitabile. È una frase che vorrei nel mio libretto di istruzioni, se esistesse. Perdonare gli errori significa accettare la nostra vulnerabilità. Quando non lo faccio mi chiedo che parte di me sto ignorando? Non siamo noi sbagliati, ma è una parte di noi che ha sbagliato, significa che c’è sempre una parte di me sana. Facci caso.
- Il cambiamento è una relazione di cura è rispondere alla domanda di cosa ho bisogno ora? Ascoltarci ci rende più liberi. E posso prendermi cura di qualcosa solo se la osservo davvero, solo se noto quello che mi succede
- Quando ci troviamo nei punti di svolta la prima cosa che tendiamo a fare è cercare il modo di tornare indietro, ma posso guardare a ogni giorno come a un nuovo inizio. Ogni giorno è il primo giorno del resto della nostra vita: posso permettermi di ricominciare, ancora e ancora, che sollievo.
- Tornare al corpo ci permette di tornare in contatto con una essenza che nutre, sostiene, accompagna; esci, cammina, stai nel corpo.
- Dentro di noi c’è una forza, una spinta alla crescita che ci fa cercare con intelligenza quello che manca: se ho fiducia in quella spinta, ho fiducia nel processo e posso continuare a sentirmi me stessa tutte le volte che lo desidero.
- È solo perché siamo incerti che possiamo crescere, l’incertezza richiede coraggio, gioco e curiosità, è provare un’attenzione affettuosa verso le nostre difficoltà, è tornare bambini.
I bambini sono un singolare miscuglio di totale egoismo e totale e totale generosità
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