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Keith Haring e l’arte di raccontarsi

Serpenti, omini, maschere, alberi della vita, meduse, miti rivisitati questo era Keith Haring. Raccontarsi e raccontare quello che lo aveva colpito, quello che lo aveva reso diverso, le cose che gli erano piaciute e quelle che lo avevano fatto piangere è ciò che ha fatto di lui un artista.

Era uno che ha copiato dalla semiotica, dai segni e dalla simbologia, che aveva fatto suoi tutti quei simboli che hanno superato le ere e le stagioni e li aveva resi contemporanei e alla portata di tutti.

«L’arte è per tutti, e questo è il fine a cui voglio lavorare».

Parlare, tramandare, condividere, tirare fuori quello che lo opprimeva. Ci sono un po’ di cose che mi ha lasciato la mostra a Palazzo Reale di Keith Haring, intitolata About Art.

Una su tutte è che guardando le sue opere finisci a sentire quello che sentiva lui, o perlomeno ti illudi che sia così. L’altra è che finita la mostra ne vuoi ancora. Da ultimo ti chiedi perché non so disegnare?

Tre cose utili per raccontarsi

Passeggiando per le sale, osservando i quadri e ascoltando con attenzione le cuffiette ho tirato fuori il taccuino e mi sono segnata queste cose che funzionano quando ci si racconta e si mostra agli altri il proprio lavoro.

1. Il formato. Keith Haring ha ridisegnato la colonna Traiana. Ha giocato con una cosa che esisteva già e l’ha personalizzata.

2. Se parli di te, non spiegare troppo, mostrati, lascia che la gente respiri quello che sei da ciò che fai e da come lo fai e regala un segno della tua presenza così possono ricordarsi chi sei. Keith Haring mentre disegnava nella metropolitana, portava con sé delle spillette da dare a chi gli faceva domande.

Un giorno un’anziana signora gli chiede: “Perché lo fai?”, lui risponde: “Per tutti. Nessuno mi paga, ma così molte persone possono vederlo”. Lei lo guarda perplessa poi replica: “Bene.” E lui: “Vuole una spilletta? È la mia firma”.

3. Se non te lo puoi permettere, inventati qualcosa. Lui per dire ha cominciato dipingendo sui teloni incerati dei camion, costavano meno delle tele e avevano comunque una buona resa.

La tela come materiale in sé è meravigliosa. È robusta, può essere venduta e in un certo senso è duratura. Ma mi inibisce. 

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